Esistenza del Bene e del Male come il Paradosso teologico?

Lo scopo dell'articolo è dimostrare: il paradosso teologico è sempre un risultato della tensione fra la logica aristotelica e la logica divina. Idea dominante pare incontestata.

Li abbiamo sempre una proposta P e una domanda D con la conseguenza paradossale: la risposta nega la sovranità di Dio. Il risultato non permette dubitare: “Dio non è capace di portare l'identità divina”.

Di cosa si tratta?

Esempio 1.

Prendiamo il paradosso dell'onniscienza con il contenuto:

P: Dio onnisciente conosce ogni cosa.

D: Può Dio sapere ogni cosa?

Paradosso 1!

Un insieme X di tutte le possibile verità entra alla considerazione. Per esempio: tale insieme X contiene tutte le lingue del mondo. Poi è evidente. Per ogni sottoinsieme Y di X (= le lingue romanice, le lingue germanice, le lingue slave, … ) e per ogni elemento x di X vale solo una affermazione come vera:

– l'elemento x appartiene o non appartiene ad Y.

Cosi per ogni sottoinsieme vale ancora una verità supplementare e la famiglia di tutte nuove verità è in corrispondenza biunivoca con l'insieme X, ma senza la stessa cardinalità. Cosi è la cornice per la sorpresa già fatta. Il risultato è chiaro: la nuova verità mostra cardinalità maggiore e non potrà mai essere l'insieme di tutte le verità.

Tutto “tocca” inevitabilmente il sapere completo:

Dio non può sapere ogni cosa!

Esempio 2.

Prendiamo ancora il paradosso dell'onnipotenza con il contenuto:

P: Dio onnipotente può fare ogni cosa.

D: Può Dio creare qualcosa che non può spostare?

Paradosso 2!

Ovviamente:

Dio non è onnipotente, se non è in grado di creare un tale oggetto (= la possibilità 1)

e

Dio non è onnipotente, se non è in grado di spostarlo (= la possibilità 2).

La “vittima” pare essere inevitabilmente la impotenza

– Dio non è onnipotente! –

ma il contenuto del giudizio appartiene alla contingenza e come tale è sbagliato.

Perché?

Ambedue possibilità suppongono l'esistenza della libertà di Dio alla contingenza. Ma Dio come l'essere necessario non può essere libero nel senso della libertà contingente. Dio ha creato la libertà contingente come l'essere necessario senza la libertà contingente. E Spinosa aveva ragione per quanto riguarda la contingenza: Dio non è libero! Il mondo di necessità non conosce la libertà contingente. Questo è la conseguenza del peccato originale. Ma Spinosa non aveva ragione per quanto riguarda la necessità. La libertà necessaria è un'altra cosa e oppone alla libertà nel senso contingente. La natura divina è molto allontanata da noi. E dobbiamo essere cauti e non parlare mescolando le identità. Potrei in ogni caso sognare della verità necessaria mediante le nozioni “avvenimento” (= ontologico) e “ragionamento” (= mentale) alla relazione d'identità. Ma sognare della libertà necessaria mi pare impossibile. Perché? Solo una risposta è possibile:

Dio è la libertà necessaria sono lo stesso!

Ritorniamo adesso sul inizio!

Dove è l'abisso tra la contingenza e la necessità? La risposta è semplice: alla logica! Cosa c'è la nozione “verità”? Con che titolo parla contingenza di verità? La verità è ovviamente irraggiungibile nella contingenza senza la condizione del sapere. E quello che “figura” alla contingenza come la “verità” è solo il “fatto”. Non come la capacità di spiegare qualcosa ma solo di descriverla senza la forza probatoria. E solo in tal modo prende il “fatto” il ruolo della verità nel ragionamento alla contingenza. Appena poi tutto sta in ordine. Ma in quel tempo il fatto non tocca l'esistenza di Dio, tocca l'attività dell'uomo. Il ragionamento di Dio è chiaro (= due negazioni della possibilità alla contingenza implicano la terza via mediante la necessità alla logica divina)

– “né fare né non fare” ma “fare il necessario” –

e giusto perciò resta alla distanza rispetto alla contingenza.

Per primo è cosi!

Per secondo vale di accentuare:

– la necessità dell'unità cerca alla finalità una lingua per tutte le lingue del mondo –

senza la disunione presente nella realtà contingente. La nozione “insieme” è senza valore come superfluo per la logica divina.

In tal modo:

– il paradosso dell'onniscienza svanisce.

Per terzo vale di aggiungere:

– la necessità crea la libertà alla contingenza e prende la distanza.

Per quarto resta ripetere e accentuare in termini supplementari:

– Dio è libero alla necessità, ma non libero alla contingenza –

perché

– actus creativus prolungatus est actus ex se –

quia

– “Deus in se” et “libertas necessaria” est idem.

Per quinto debba sapere:

– ogni giudizio contingente è l'espressione del primitivismo in quanto parla della necessità mediatente l'oggetti della contingenza.

Tutto chiaro!

Lo stato “bene” appartiene solo all'essere umano

– la necessità è lo stato “normale” (=  “né bene né non bene”) –

come la reazione contro la possibilità “male” contenuta nel giudizio

– la necessità è lo stato “sbagliato (= il giudizio contingente)” (=  “né male né non male”).

Qui è la risposta alla domanda: da dove è il Bene alla contingenza? La vita è caricata con tanti problemi causati dalla presenza di libertà. Nostri guai alla contingenza incluso il male emergono cosi dalla natura umana. Ma Dio sta nell'ombra di guerra per il motivo già conosciuto. Sempre insieme con noi via una connessione dalla coscienza divina:

– il problema dell'esistenza è ovviamente serio nella profondità della comprensione divina.

Perché?

Il pensiero degli uomini è capace di creare il essere del Male! Si! L'autore del Male è l'uomo. Senza il sapere della sua attività. La resistenza tocca adesso il essere del Bene creato anche dalla mente degli uomini. Tutto ciò superfluo alla necessità!

Solo in tal senso siamo vicini all'idea di Einstein:

– il Male non esiste, il Male è l'assenza del Bene.

Tutti ragionamenti “si o no” degli uomini confermano:

– la risposta esiste e appartiene solo al fondo del sapere nella necessità divina con la chiave della verità.



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